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Il viaggio alternativo

Angkor Wat, l'anima della Cambogia

Lunedì, 14 Ottobre 2019

Andare in Cambogia e non vederla è praticamente impossibile. Angkor, l’antica capitale del regno Khmer, oggi è un sito archeologico che racchiude decine di templi eretti attorno all’anno Mille. Davanti alla biglietteria, alle 5.30, c’è già una lunga fila di visitatori; oltre i tornelli, un ponte sull’acqua senza parapetti conduce al tempio principale Angkor Wat, riscoperto nell’Ottocento (dopo secoli di oblio) da un esploratore francese, e occupato negli anni Settanta (durante la guerra civile) dagli Khmer rossi. Il tempio sorge su un enorme prato, delimitato da un muro con un varco per il ponte e da due boschetti ai lati; il sole sorge alle sue spalle, e proprio la speranza di assistere ad un’alba mozzafiato richiama ogni giorno un grande flusso di turisti. Molti di loro si fermano davanti a un acquitrino che riflette il profilo capovolto del tempio, finché la luce non incendia il cielo. Qua e là, sia in cima che all’ingresso del tempio, la gente si ferma a pregare e lasciare offerte davanti a piccoli altari dedicati a Buddha; i turisti, invece, affollano le stanze con le pareti convergenti e il soffitto aperto, ascoltando l’eco sorprendente dei propri pugni battuti sul petto: si dice che ripetendo il gesto sette volte si possano scacciare i cattivi pensieri.

La tappa successiva è Ta Prohm, il tempio scelto come sfondo dal regista di Tomb Raider per la presenza degli alberi fra le pietre: radici e tronchi, contorti e divaricati in corrispondenza di portali e statue, avvolgono colonne e muri fino quasi ad abbracciarli. L’intreccio con le piante, ovviamente suggestivo, sembra conferire più solidità al manufatto, ricostruito solo in parte grazie all’aiuto del governo indiano, e puntellato dai sostegni: in alcuni punti le pietre, coperte dal muschio, sono semplicemente accatastate. Sui bassorilievi, fra tante divinità danzanti, si trovano anche alcuni animali dalle sembianze di dinosauri.

Dopo Ta Prohm si stagliano le antiche mura di Angkor, precedute da un altro ponte con due fila di naga (serpenti) ai lati, e inizia un bel sentiero immerso nella vegetazione, che si affaccia sui bastioni prima di rientrare sotto la boscaglia. L’edificio più curioso è l’antico palazzo a tre livelli di un sovrano: ogni ambiente (e ogni ingresso), era riservato a funzioni e ospiti diversi; nel prato, oltre ad una lunga passerella, si scorge ancora la vasca delle concubine. Per raggiungere le due terrazze e la cima bisogna utilizzare una scalinata ripidissima, allestita per i visitatori. L’ultima menzione riguarda il tempio del Bayon, presidiato da gruppetti di scimmie ed oche. Non si tratta di una struttura unitaria, ma di un complesso con diversi “loculi” tra scale e colonnati, le cui pietre formano dei volti umani sorridenti.

Alessandro Macciò

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